Traduzione di T. Gibilisco
Fa freddo. È solo ottobre ma sembra già pieno inverno. Per la prima volta ho tirato fuori il cappotto, e siccome oggi è nuvoloso e c’è vento, ho deciso di mettermi un foulard in testa. È un vecchio fazzoletto di seta che a volte porto attorno al collo, con la mia giacca di Linton Tweeds. Prima però ho raccolto i capelli dietro la nuca. Mi sarebbe piaciuto avere un po’ di brillantina Rosaflor, perché così nessun capello ribelle sarebbe sfuggito, ma ho dovuto accontentarmi di passare il palmo umido della mano sulla fronte e sulle tempie. Perché i miei capelli sono così? Sono esageratamente bianchi per la mia età. A volte mi guardo allo specchio e noto un certo riflesso giallastro, color pulcino, che mi ricorda quando ero bionda.
Ho solo cinquantun anni. Sono nata con questo secolo. Non credo che dovrei avere i capelli così bianchi.
Farò quattro passi fino al suo negozio. Mi piace passeggiare. Uscire a metà pomeriggio, quando ormai sono stufa delle mie faccende, e camminare un paio d’ore senza una meta precisa per questa città che cresce velocemente come passano i giorni. Anche se ormai abito a Madrid da tredici anni, ci sono molte zone che ancora non conosco. Mi sono trasferita qui a trentott’anni. Com’ero giovane, e come mi sentivo giovane allora, sembra incredibile… Normalmente mi allontano molto, ma quando ho voglia di vedere qualcosa di completamente diverso prendo uno di quegli autobus che vanno in periferia, pronta a intraprendere un lungo viaggio, come quando si va in un altro Paese, e divoro le strade che vedo dal finestrino. Ai semafori osservo le vetrine. Cambiano a mano a mano che ci allontaniamo dal centro. Capisco di essere ormai distante quando spariscono i negozi di alimentari o di abbigliamento e cominciano a vedersi le officine.