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Il razzismo spiegato a mia figlia, Tahar Ben Jelloun

  • Autore articolo Di La Matita Rossa
  • Data dell'articolo marzo 13, 2018
  • 1 commento su Il razzismo spiegato a mia figlia, Tahar Ben Jelloun

Bompiani, traduzione di Egi Volterrani e Anna Maria Lorusso

 

Dimmi, babbo, cos’è il razzismo?

Tra le cose che ci sono al mondo, il razzismo è la meglio distribuita. È un comportamento piuttosto diffuso, comune a tutte le società tanto da diventare, ahimè, banale. Esso consiste nel manifestare diffidenza e poi disprezzo per le persone che hanno caratteristiche fisiche e culturali diverse dalle nostre.

Quando dici “comune”, vuoi dire “normale”?

No. Non è perché un comportamento è corrente che può essere considerato normale. In generale l’essere umano ha tendenza a non amare qualcuno che è differente da lui, uno straniero, per esempio: è un comportamento vecchio come l’uomo; ed è universale. È così dappertutto.

Se capita a tutti, anch’io potrei essere razzista!

Intanto la natura spontanea dei bambini non è razzista. Un bambino non nasce razzista. E se i suoi genitori o i suoi familiari non gli hanno messo in testa delle idee razziste, non c’è ragione perché lo diventi. Se, per esempio, ti facessero credere che quelli che hanno la pelle bianca sono superiori a quelli che ce l’hanno nera, e se tu prendessi per oro colato quell’affermazione, potresti assumere un atteggiamento razzista nei confronti dei negri.

Cosa vuol dire essere superiori?

Per esempio, credere che uno, per il fatto che ha la pelle bianca, è più intelligente di qualcuno che ha la pelle di un altro colore, nera o gialla. In altre parole, l’aspetto fisico del corpo umano, che ci differenzia l’uno dall’altro, non implica alcuna diseguaglianza.

Credi che io potrei diventare razzista?

Diventarlo è possibile: tutto dipende dall’educazione che avrai ricevuto. Tanto vale saperlo e impedirsi di esserlo, ovverosia, tanto vale accettare l’idea di essere anche noi capaci, un giorno, di avere sentimenti e comportanti di rigetto nei confronti di qualcuno che non ci ha fatto niente, ma è differente da noi. È una cosa che capita spesso. Ciascuno di noi, un giorno, può fare un gesto brutto, provare un sentimento cattivo. Quando uno è turbato da un essere che non gli è famigliare, allora può pensare di essere meglio di lui; prova un sentimento sia di superiorità sia di inferiorità nei suoi riguardi, lo rifiuta, non vuole saperne di averlo come vicino, tanto meno come amico, semplicemente perché si tratta di qualcuno di diverso.

 

 

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  • Tag Bompiani, dialogo, libro, razzismo, razzismo spiegato a mia figlia, traduzione

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Una risposta su “Il razzismo spiegato a mia figlia, Tahar Ben Jelloun”

GloriaDice:
marzo 13, 2018 alle 10:22 am

Un libro emozionante… l’ho letto proprio con gli occhi di una bambina! Bella recensione 🙂

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