Traduzione di Ilide Carmignani
Ora muoio, ma ho ancora molte cose da dire. Ero in pace con me stesso, muto e in pace. Ma all’improvviso le cose sono emerse. La colpa è di quel giovane invecchiato. Io ero in pace. Ora non sono più in pace. Bisogna chiarire certi punti. Quindi mi appoggerò su un gomito e solleverò la testa, la mia nobile testa tremante, e cercherò nell’angolo dei ricordi quelle azioni che mi giustificano e perciò smentiscono le infamie che il giovane invecchiato ha sparso in giro a mio discredito in una sola notte fulminea. A mio presunto discredito. Bisogna essere responsabili. È tutta la vita che lo dico. Abbiamo l’obbligo morale di essere responsabili delle nostre azioni e anche delle nostre parole e perfino dei nostri silenzi, sì, dei nostri silenzi, perché anche i silenzi salgono al cielo e Dio li sente e solo Dio li comprende e giudica, per cui molta attenzione ai silenzi. Io sono responsabile di tutto. I miei silenzi sono immacolati. Che sia chiaro. Ma soprattutto che sia chiaro a Dio. Il resto è trascurabile. Dio no. Non so di cosa sto parlando. A volte mi sorprendo appoggiato su un gomito. Divago e sogno e cerco di essere in pace con me stesso. Ma a volte dimentico perfino il mio nome. Mi chiamo Sebastián Urrutia Lacroix. Sono cileno. I miei antenati, da parte di padre, erano originari della Biscaglia o dei Paesi Bassi o di Euskadi, come si dice oggi. Da parte di madre provengo dalle dolci terre di Francia, da un villaggio il cui nome significa Uomo in terra o Uomo a piedi, il mio francese, in queste ore finali, non è più buono come un tempo. Ma ho ancora la forza di ricordare e di rispondere alle offese di quel giovane invecchiato che all’improvviso si è presentato alla porta di casa mia e senza la minima provocazione e del tutto inopinatamente mi ha coperto di insulti. Questo sia chiaro. Io non cerco lo scontro, non l’ho mai cercato, io cerco la pace, la responsabilità delle azioni e delle parole e dei silenzi.